A teatro
A teatro
La TBC venne romanticizzata nel diciannovesimo secolo.
Molte persone credevano che la tubercolosi causasse sensazioni di euforia definite come “Spes phtisica”, o “speranza del consunto”.
Si pensava che le vittime di TBC che erano artisti avessero scoppi di creatività mentre la malattia progrediva. Agli inizi del ventesimo secolo, alcuni credevano che la tubercolosi fosse causata dalla masturbazione.
Fra i numerosi letterati, artisti e musicisti morti di tisi, quasi tutti in giovane età, si ricordano Giovanni Boine (1887-1917), Emily Bronte (1818-1848), Fryderyk Chopin (1810-1849), Anton Pavlovič Čechov (1860-1904), George Orwell (1903-1950), Sergio Corazzini (1886-1907), Giuseppe Giusti (1809-1850), Guido Gozzano (1883-1916), Giovanni Battista Grazioli (1746-1820), Jens Peter Jacobsen (1847-1885), John Keats (1795-1821), e Giovan Battista Pergolesi (1710-1736).
Al contempo, la passione per le storie d’amore e morte ha portato alla celebrità personaggi di poesie, romanzi e opere, morti di tisi, quali “Silvia” di Giacomo Leopardi, la “Signora delle camelie” di Alexandre Dumas, la Violetta della “Traviata” di Giuseppe Verdi, la Mimì della “La Bohème” di Giacomo Puccini e il piccolo Ilju dei “I fratelli Karamàzov” di Dostoevskij.
In Francia, furono pubblicate almeno cinque novelle in cui si narravano gli ideali della tubercolosi:Scene de la vie de bohème di Murger, Les miserables di Victor Hugo, Madame Gervaisais e Germinie Lacerteux dei fratelli Goncourt e L'aiglon di Edmond Rostand.
Ma è un romanzo francese, La signora delle camelie pubblicato nel 1848, a sancire il definitivo successo letterario. a dimensione europea del ‘mal sottile’. Ne è autore Alessandro Dumas figlio (1824-1895) che nel contesto della vita mondana parigina d’alto bordo, colloca la vita, gli amori e la morte per tisi di Maria Duplessis, tormentosamente amata dallo stesso Autore.
Lo straordinario successo di pubblico di questo libro in Francia e fuori dalla Francia doveva ripetersi tre/quattro anni più tardi, quando la censura governativa concesse che quelle vicende venissero rappresentate anche a teatro.
Al di là dei meriti letterari,
la fama di quelle pagine dura
ancora, grazie soprattutto alla trasposizione melodrammatica che ne fece
Giuseppe Verdi con La traviata,
rappresentata per la prima volta al Teatro La
Fenice di Venezia nel marzo del 1853. La musica verdiana accompagna il libretto
di Francesco Maria Piave che si ispira con qualche libertà proprio al già
famosissimo testo di Alessandro Dumas figlio: Margherita diviene Violetta,
Armand Duval diviene Alfredo Germont. Il tema della tisi, malattia romantica di
moda, dalla quale è affetta Violetta, che ne morirà tra le braccia dell’amante,
ispira a Verdi le più alte e patetiche pagine musicali della sua straordinaria
carriera.
La consacrazione artistica della tubercolosi doveva, però,
realizzarsi
definitivamente negli ultimi anni del secolo con la
rappresentazione dell’indiscusso capolavoro pucciniano, La bohème (1896).
La gelida manina del primo atto e i colpi di tosse che squassano Mimì nel secondo preparano il patetico finale della morte per consunzione da ‘mal sottile’:
tutta l’opera ruota attorno al tema della malattia incurabile e allo straziante crescendo degli accenni, dei segni, dei sintomi che la evocano continuamente in tutta la sua fatalità.
Come sempre, amore e morte funzionano.
Aggiungeteci una Parigi come la immaginavano e vagheggiavano i piccoli borghesi di tutt’Italia, la grande musica del compositore lucchese e il gioco è fatto. Ma la protagonista vera della Bohème non è Mimì: è la tisi.
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